Gozi: “Veti e personalismi impediscono polo moderato. Fitto? Von der Leyen spieghi l’apertura a chi ha votato contro di lei”

Pubblicato da Il Riformista in data 17/10/2024

Per Sandro Gozi, la sfida è quella di rilanciare le relazioni tra l’UE e il Regno Unito. L’eurodeputato di Renew Europe e segretario generale del Partito Democratico Europeo – eletto presidente della delegazione all’Assemblea parlamentare per il partenariato UE-Regno Unito – ritiene che sia possibile “stabilire nuove forme di cooperazione” e che si debba imparare la lezione del successo del Partito Laburista: “Le elezioni si vincono al centro”.

Delegation to the EU-UK Parliamentary Partnership Assembly Constitutive meeting

A Bruxelles è appena iniziata la decima legislatura e a Londra c’è un nuovo governo. Come si stanno evolvendo le relazioni tra l’UE e il Regno Unito?

Dobbiamo cogliere l’opportunità di rilanciare le relazioni tra l’UE e il Regno Unito, attraverso l’idea di un partenariato più costruttivo. La mia missione è promuovere un dialogo più pragmatico che punti alla fiducia reciproca, all’attuazione dell’accordo sul commercio e la cooperazione e alla collaborazione su nuove priorità come la sicurezza, l’intelligenza artificiale o le opportunità di studio per i nostri giovani”.

Starmer parla di un “reset” dopo la Brexit. È davvero possibile?

“Con un nuovo governo britannico che punta a riforme pragmatiche, c’è spazio per stabilire nuove forme di cooperazione. Non si tratta di resettare la Brexit. Dobbiamo essere realistici e concentrarci su ciò che ci unisce, in particolare in aree strategiche come la difesa e la sfida climatica. Ma spetta a loro spiegare esattamente cosa intendono per ‘reset‘”.

L’euroscetticismo è endemico e sarebbe un errore imperdonabile ignorare le ragioni per cui gli elettori hanno sostenuto il referendum. Qual è la soluzione per evitare che il vento soffi verso altri Paesi?

L’euroscetticismo è il risultato della disuguaglianza e dell’insicurezza sul futuro. C’è una forte richiesta che i politici riprendano il controllo. Gli inglesi hanno scelto la via nazionale, che non sembra aver dato grandi risultati. L’immigrazione, ad esempio, è aumentata da quando Londra ha lasciato l’UE. Dobbiamo fare di più insieme come europei, ad esempio sulle sfide dell’innovazione, dell’inclusione e dell’immigrazione. Dobbiamo anche dare all’Europa il potere e la capacità di agire, superando i veti nazionali.

Il Labour ha vinto mettendo al centro il riformismo e il pragmatismo, lontano dall’ala radicale e massimalista della sinistra. È una lezione per i centristi italiani?

Assolutamente sì. La vittoria dei laburisti dimostra che il pragmatismo e il riformismo pagano e conferma che le elezioni si vincono al centro. Lo stesso vale per Kamala Harris, che sosteniamo con forza. In Italia, i centristi hanno perso una grande opportunità alle elezioni europee a causa di veti assurdi. Ogni volta che noi di Renew parliamo in Parlamento o vediamo il PPE fare accordi con l’estrema destra, pensiamo al disastro causato da Azione. Quei quattro, cinque o sei eurodeputati italiani avrebbero fatto la differenza per noi”.

In effetti, in Italia dominano i veti e i personalismi. Un unico polo moderato e liberaldemocratico non può essere costruito…

“Purtroppo è vero. La politica italiana è spesso prigioniera di veti incrociati e personalismi che impediscono la costruzione di un progetto comune. Credo fermamente nella necessità di un polo moderato, riformista, liberale e democratico che esista autonomamente e scelga se e con chi stringere alleanze. Il successo di Renew a livello europeo dimostra che c’è spazio per una politica di innovazione e anche di buon senso, che troppo spesso è mancato a Roma”.

Cosa possiamo imparare dalla crisi di Macron in Francia?

“La situazione di Macron riflette le difficoltà che devono affrontare tutti i riformatori in Europa. Le forze populiste ed estremiste prosperano sulle paure e sul malcontento. Macron ha dimostrato grande coraggio e determinazione nell’affrontare questioni difficili che altri hanno evitato per decenni, a partire dalla riforma delle pensioni e dal lancio dell’innovazione simboleggiato dal successo della French Tech e dagli investimenti stranieri in Francia. Dobbiamo riconoscere il valore di una leadership responsabile che cerca di costruire un futuro migliore, anche a costo di decisioni impopolari a breve termine”.

Tornando a Bruxelles, la convince la nomina di Fitto a vicepresidente esecutivo della Commissione europea?

“C’è tanta confusione su questo tema! Stimo molto Fitto, è la scelta migliore che la Meloni potesse fare. Non sarà giudicato in base alla sua nazionalità, ma per la sua indipendenza, imparzialità, competenza e capacità di promuovere l’interesse generale. E per quanto riguarda il suo impegno a promuovere la nuova agenda della signora von der Leyen, come il rafforzamento del nuovo principio secondo cui tutti i fondi dell’UE sono condizionati al rispetto dello Stato di diritto, una posizione che è sempre stata osteggiata dall’ECR e da FdI. Tuttavia, la signora Von der Leyen non ha ancora spiegato perché intende affidare una delle vicepresidenze all’Ecr, che non fa parte della maggioranza e ha votato contro di lei.

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